Le navi di ricerca e soccorso dei volontari che salvano i migranti dal mare

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Mentre i politici europei danno un giro di vite alle «piccole imbarcazioni», i civili a bordo di rimorchiatori da pesca riconvertiti si riversano nel Canale della Manica e nel Mar Mediterraneo per salvare chi rischia di annegarerescue ships migrants seawatch

Il gommone è pieno. Pieno di sversamenti. Si sta facendo il pieno d’acqua. Il vento si alza. Le onde si infrangono. Adulti, bambini, neonati, tutti accalcati, piangenti, terrorizzati. Quasi nessuno sa nuotare. Il motore strombazza, si spegne. Cielo buio. La costa non si vede. Solo mare. L’acqua sta salendo. È questo il punto. Il viaggio finisce qui.

Poi, una luce. Un raggio debole. Sempre più vicino, sempre più luminoso. Poi, un’esplosione di attività. Giubbotti di salvataggio fluorescenti, istruzioni gridate, scale di salvataggio, mani che aiutano, coperte spesse, cibo caldo, bevande calde. Rifugio, sicurezza, un barlume di speranza.rescue ships migrants seawatch

È una scena che si ripete più volte. L’armata delle «piccole barche». Con l’inizio della primavera, il numero di rifugiati che cercano di entrare nella «Fortezza Europa» inizia a crescere. Decine di migliaia di persone cercheranno di compiere la traversata nei prossimi mesi, stipate da bande di trafficanti su imbarcazioni pericolose e poco affidabili.

Dal 2014, i volontari dell’associazione tedesca Sea-Watch hanno salvato circa 45.000 migranti dal Mediterraneo centrale. Come le squadre civili di ricerca e salvataggio che operano nel Canale della Manica e nel Mar Egeo, essi operano in aggiunta alla guardia costiera e ad altre agenzie ufficiali.rescue ships migrants seawatch

Solo che queste ultime sono, nel migliore dei casi, sovraccariche o, nel peggiore, indifferenti. La Border Force del Regno Unito, ad esempio, opera all’ombra di una nuova legge sulla migrazione dedicata a «fermare le piccole imbarcazioni». L’Italia, nel frattempo, ha cancellato il suo programma di salvataggio formale quasi un decennio fa (la Sea-Watch è stata creata per riempire il vuoto). Malta non divulga nemmeno i dettagli delle sue operazioni di salvataggio (che pure ci sono).

L’unica soluzione praticabile sarebbe che l’Unione Europea trovasse una soluzione collettiva, sostiene Oliver Kulikowski, portavoce di Sea-Watch. Ma questo non è mai accaduto, lamenta: «L’UE paga la guardia costiera libica perché agisca da buttafuori dell’Europa e riporti indietro le persone, ma per il resto i salvataggi in mare sono lasciati ai singoli Stati, che sono sostanzialmente sopraffatti».
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Dal 2014, i volontari della Sea-Watch hanno salvato circa 45.000 migranti in mare. Immagine: Paul Lovis Wagner/Sea-Watchrescue ships migrants seawatch

Con sede a Lampedusa, un’isola italiana a metà strada tra la Tunisia e la Sicilia, Sea-Watch gestisce un servizio volontario di sorveglianza aerea per allertare i servizi di emergenza e le altre squadre di soccorso civile in caso di navi di migranti in difficoltà.

Gestisce anche navi di soccorso proprie. Dopo aver iniziato con un peschereccio di 100 anni fa rimesso a nuovo, l’associazione è passata a una serie di navi meglio equipaggiate. Le ultime arrivate nella sua flotta sono la Sea-Watch 5 (una nave da rifornimento di 58 metri con spazio per centinaia di migranti) e l’Aurora (un'»ambulanza del mare» di 14 metri appositamente progettata e capace di 25 nodi).rescue ships migrants seawatch

«Le navi più grandi possono ovviamente trasportare un maggior numero di persone, ma non si può sempre essere in grado di trasportare

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